
Riporto qui di seguito parte del testo di Claudio Fava che accompagna il volume di fotografie della stessa, "Siciliana", regalatomi da Michele credo anche per le mie origini un pò siciliane:
"Ha un nome che sembra arrivato dritto dagli dèi o da qualche pagina dei Vicerè: Letizia. E poi Battaglia. Un ossimoro palermitano. Eppure non esiete nome (o cognome) che calzi così bene al suo proprietario come questo. Letizia. E poi Battaglia. Come un guanto, come un vestito a festa. Perchè Letizia...all'inizio degli anni ottanta...era anzitutto il sorriso lieto e sfacciato di chi ha visto molto ma non tutto...Palermo e la Sicilia in quegli anni mostravano molto, ma non tutto, come certe signore attempate che giocano a stupire e a promettere, poi a negarsi e poi di nuovo a mostrare uno scampolo di pelle, la fibbia di un corpetto, un merletto nascosto...
C'erano cento morti all'anno, a Catania. E a Palermo forse il doppio. Guerre di mafia in mezzo alle quali ogni tanto sbocciava la ferocia d'un morto eccellente: procuratori, giornalisti, presidenti. Erano tutti morti eccelenti, anche i carusi macellati nei vicoli, perchè eccelente, rumorosa quasi barocca era sempre la loro morte: strangolati, squagliati, precipitati nel cemento...
Letizia...Aveva quella linea un pò storta sulle labbra che in Sicilia sta per un sorriso. Sorridere laggiù è un lusso, bisogna accontentarsi di certi lievi ammiccamenti, segni impercettibili, cose così. Letizia non ammiccava: aveva davvero uno sguardo lucido, curioso, un pò sfottente...In un mestiere di cinici e distratti, Letizia non si distraeva mai .Guardava e ti guardava, e intantio sentivi che la sua testa camminava, "furriava", ragionava. Cercava il dettaglio, pesava le cose. Così le venivano fuori anche quelle foto: brevi, secche, laceranti e al tempo stesso familiari...
E poi c'è Battaglia. Perchè è davvero battaglia attraversare questo mestiere e questa città senza smarrire la curiosità, senza abituarsi ad annusare l'aria per sapere se è meglio dire o tacere, fotografare o voltarsi dall'altra parte. Battaglia perchè sei donna e quella è terra di maschi, cupi e permalosi come sanno esserlo i siciliani. Una battaglia difficile, carica di spigoli, per fare entrare in quelle zucche maldestre che la storia si fa mostrando e che le foto, pure quelle foto di cronaca scattate inseguendo le rotative dell'"Ora", non erano mai didascalie. A ogni scatto c'era Palermo che cambiava e un pò moriva, c'erano le aule di tribunale che parevano palcoscenici di Eduardo, e quelle della politica con certi profili che sembravano tirati giù dalle tavole di Grosz. C'erano i mafiosi con il sigaro in bocca e quelli che ti guaradvano dritto in fondo agli occhi, proprio mentre tu mettevi a fuoco, e poi con un dito si indicavano la bocca spalancata, per dirti:"Ti sparo 'ca!".
Degli anni più recenti, che mi videro insieme a Letizia Battaglia condividere la follia di una stagione parlamentare alla Regione Siciliana, ho memoria netta dell'una e dell'altra: la letizia e la battaglia. In un parlamentino animato solo da uomini dai colori lividi, nella legislatura più decimata dalla manette e dai processi, Letizia sedeva ogni pomeriggio sul suo banco della prima fila, cocciuta, pignola, attenta, per la prima volta mescolata lei stessa alle sagome delle sue foto. La letizia s'era fatta ironia, un pò malinconica; la battaglia fu quella di restare lì dentro fino alla fine. Fuori intanto continuava a crescere il gioco delle sue invenzioni: la piccola casa editrice che trattava come una nave corsara, lo splendido rotocalco ("Grandevù") con quelle foto seppiate e feroci...
Ecco: la battaglia di cercare nelle vene aperte di Palermo (dietro il carnevale della mafia, dietro il rumore dei mortiammazzati) un filo d'ombra, una smorfia di donna, il pensiero trattenuto di certi bambini già soldati, già vecchi, già attori consumati."
Auguro un buon inizio settimana a tutti! A presto...